sabato 8 novembre 2014

Chi attacca il Made in Italy? In risposta a Andrea Arrigo Panato

Devo ringraziare Andrea che mi ha solleticato su un tema del quale mi occupo con passione, quello del Made in Italy, fortemente legato a quello dell'ospitalità, di cui mi occupo professionalmente: due temi interconnessi e vediamo presto perché.
Come sanno i 6000 ospiti (albergatori e architetti) che abbiamo avuto nel corso degli anni ai convegni su Hotel Design, quello dell' Italianità è il filo conduttore dei tre libri da me curati e di una settantina di convegni tenuti in tutte le regioni italiane nel corso di circa 10 anni.

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La questione del Made In è diventata centrale, oggi i mercati sono sempre più regolati, il consumatore sa tutto delle aziende, dei brand e dei prodotti, ed anche il casus belli che ha dato origine al post di @commercialista (quello Gabanelli Moncler, tanto per intenderci) riguarda aspetti di trasparenza dell'attività produttiva e di Paese d'Origine (Made In) del piumino Moncler.

Il luogo di origine di un prodotto o servizio permette al consumatore di fare una valutazione della qualità del prodotto/servizio stesso. Per il consumatore, sapere dove viene materialmente fatto un certo prodotto, si riflette sulla sua valutazione di tre fattori fondamentali per la decisione d'acquisto:
a - salute e sicurezza
b- qualità generale
c - standard ecologici
Il "Made In" dice molte cose sugli aspetti produttivi come tecnologie utilizzate, aspetti legali, etica del lavoro e più in generale, sicurezza e salute, ecc.
Inoltre ci dice quali ingredienti vengono utilizzati per la produzione, la loro autenticità, la loro relazione con la tradizione e l'esperienza del produttore, in quanto il prodotto acquistato nasce immerso in un processo che comprende un intero territorio.

Oggi i consumatori sono molto attenti alla dimensione etica che sta dietro ai metodi produttivi di quello che acquistano, e - proprio per questo - alla zona di origine del prodotto. Infatti i consumatori desiderano che i beni vengano prodotti correttamente, perciò "dove" viene fatto un prodotto, e se viene commercializzato in modo equo, sono questioni sempre più importanti.

Vediamo alcuni punti fermi, oramai assodati:

1. Il luogo di origine (Made In) è uno degli elementi che il consumatore prende in considerazione per la scelta di acquisto, a volte facendo perfino distinzione tra luogo di "design" (progettazione, ideazione) e luogo di effettiva produzione.

2. Il concetto di Paese d' Origine si sta definendo sempre meglio. Nel tempo infatti si è assistito ad una progressiva identificazione tra brand e alcuni Paesi: Italia-Design, Francia-Moda, USA-Entertainment,...
Questo non è più sufficiente, perché i singoli brand devono dimostrare di avere una vera connessione col territorio, col Paese di Origine.
Non è più sufficiente raccontare che sei un marchio della moda italiana, ma è centrale mostrare dove la collezione viene disegnata, dove viene prodotto il capo venduto.
L'autenticità fa la differenza. Il consumatore, soprattutto quello del lusso, pretendono una relazione autentica tra Brand, design, produzione e storia.

3. Il consumatore ha ben chiaro i paesi di origine dei prodotti "migliori": USA, Francia e Italia sono in testa ai desideri del consumatore. L'Italia, come si sa, per la moda e il cibo, mentre non ha una forte reputazione per la tecnologia. Interessante notare come il consumatore dei paesi più ricchi e sviluppati, dia meno peso a questo aspetto, che invece è tanto più importante quanto vengono presi in considerazione mercati meno sviluppati e più periferici.

4. Per fortuna nostra (di italiani) il consumatore assegna reputazioni diverse ai paesi quando li si considera in modo "generico" ovvero quando li si valuti come "Paese d'Origine".
Vediamo perché, facciamo un esempio: il paese che ha la reputazione migliore al mondo è la Svizzera, che viene considerata un ottimo posto dove vivere, per il suo sistema di valori, un buon posto per fare affari, fare turismo, per le attività culturali, ecc.
Nonostante questo la Svizzera non ha una forte reputazione come Paese d'Origine, se non per alcuni prodotti molto di nicchia, infatti in Svizzera non ci sono abbastanza brand eccellenti tali da determinare un primato della nazione alpina.
All'estremo opposto si trovano alcuni paesi orientali, che stanno in fondo alla classifica della reputazione generale, ma sono invece considerati in tutto il mondo degli ottimi Paesi di Origine (Made In) per la qualità dei loro prodotti, soprattutto elettronici (tra questi posso citare la Corea del Sud, ma anche la Cina).
Questo è talmente vero che perfino la Apple dice dei suoi prodotti "Disegnato in California e assemblato in Cina".

5. Sempre per nostra fortuna (di italiani) esiste una relazione positiva tra il numero di brand affermati e di successo in un determinato settore merceologico, e la reputazione del Paese d'Origine (Made In).
L'America ha tanti brand di successo mondiale e ha una alta reputazione come paese Made In, la Germania ha una forte reputazione per l'Automotive, e l'Italia è leader per Food (con la Francia) e Fashion (con la Francia).

Andrea Panato nel suo post solleva una questione centrale.
Ma dichiarare il "Made in Italy" è ancora così importante, oppure a certi livelli è più importante il singolo brand?

La mia opinione è che dichiarare il Made in Italy sia ancora un grosso vantaggio per i brand che vanno alla conquista dei mercati internazionali, visto che non tutti noi ci chiamiamo Prada o Ferrari.
Vanno però osservate alcune regole che a volte vediamo sottovalutate:

a - Autenticità.
Ne avevo già parlato affrontando il tema del turismo di lusso.
Il prodotto o il servizio (e qui io penso al servizio alberghiero, al progetto di un hotel, la sua gestione, la sua coerenza, il suo personale,....) devono essere autenticamente "Made In Italy".
Da questo punto di vista l'Armani di Dubai non è un hotel italiano, ma è autenticamente Armani.
Prodotto e servizio devono rispettare uno standard unico, riconoscibile ma soprattutto profondamente coerente e raffrontabile con la storia del Paese d'Origine.

b - Differenziazione
Il marchio "Made in Italy"  deve permettere di distinguere brand e prodotto da tutte le imitazioni, per approccio, storia, cultura.
Abbiamo discusso per quasi dieci anni con i migliori architetti italiani su quale fosse un vero Hotel Italiano, e la risposta ultima è che l'hotel italiano è quello fatto da un progettista italiano: ce l'hai nel sangue, nella storia di scuole di architettura eccellenti, una tradizione di ospitalità millenaria.

c - Standard di qualità
Significa sicurezza, artigianalità, eccellenza produttiva, trasparenza, verificabilità.
Se dichiaro di essere "Made in Italy" devo essere pronto a raccontare in modo trasparente la storia produttiva, devo essere verificabile dal mio consumatore.

d - Expertise
Farsi identificare come il migliore in una determinata categoria, meglio ancora se hai contribuito a definirla.
Ristoranti italiani in giro per il mondo ce ne sono molti, tanti quanti sono i cuochi italiani che hanno cercato fortuna all'estero. Ma un vero ristorante italiano deve mostrare l'eccellenza, il legame alla tradizione, l'utilizzo di ingredienti originali, ecc.

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Ma allora il pericolo che Andrea paventa nel suo post, c'è oppure è un pericolo sopravvalutato?
Credo che ci sia.

1. Un numero crescente di aziende sono costrette a portare la produzione del "Made In Italy" fuori dal confine nazionale, questo può avere degli effetti negativi laddove l'autenticità viene messa in dubbio dal consumatore.

2. Questo fenomeno depaupera il nostro paese di capacità produttiva qualificata (identificabile nell'artigianalità della nostra manodopera)

3. C'è la tendenza a rincorrere le mode d'oltreoceano, sollecitando l'investimento in start up innovative (dove l'innovazione viene misurata nel numero di chips e cablaggi utilizzati), mentre si dovrebbe favorire start up che siano innovative nel prodotto e nel processo produttivo ma in settori (food, fashion, design, arredamento, ecc.) dove siamo bravissimi: una bravura che ancora ci viene riconosciuta in tutto il mondo, e portando i capitali ad investire in attività più tradizionali, possibilmente apportando quella capacità manageriale che in generale nelle aziende italiane manca.

Dobbiamo ricordare con chiarezza che la globalizzazione ha fatto sì che anche una piccola nicchia abbia come potenziali clienti milioni di consumatori in tutto il mondo.
























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