sabato 28 febbraio 2015

Autostima italiana appassita (non siamo più pataca?)


Perchè noi Italiani diamo una valutazione così critica di noi stessi?
E perchè i Russi invece la danno così buona di se stessi?

La fonte del grafico che segue è il Reputation Institute che pubblica ogni anno il CountryRepTrak
Secondo questa indagine c'è un gruppo di paesi come Canada, Giappone, Regno Unito, Germania, Brasile e Francia che hanno una autostima più o meno allo stesso livello della percezione che ne hanno gli altri paesi.

Poi c'è un gruppo di paesi che hanno un eccesso di autostima (Cina, India e Russia sono quelli che hanno più autostima di quanto gli altri paesi siano disposti a riconoscere loro).

Infine Spagna e soprattutto Italia hanno molto meno stima di sè di quanto invece gli altri li valutino.

Perchè accade questo? E come influisce sulla nostra vita di ogni giorno?
(del Country Brand Index e del Made in Italy me ne sono occupato già qualche mese fa)

1) Se l'autostima è bassa forse questo accade perché dal di dentro siamo in grado di valutare bene i nostri difetti, che invece da fuori non si vedono bene

2) Poi è un periodo in cui le cose non vanno troppo bene, noi lo viviamo e lo vediamo, e di conseguenza siamo più pessimisti di quello che dovremmo

3) Forse la percezione positiva che del nostro paese hanno "gli altri" dipende dalle nostre eccellenze, che però sono sempre più delle monadi in un paese che si sta un po' desertificando.

Le conseguenze di questa percezione un po' appassita sono molte, ne sottolineo un paio tra tutte: la ridotta aggressività sui mercati internazionali, sui quali agiamo con il timore che "il resto del Paese" non ci segua. 

Ne consegue un atteggiamento prudente anche nelle politiche di prezzo, che diventano un fattore determinate per la vendita.

E infine l'incapacità di fare davvero squadra, per il timore di avere dei compagni di squadra inadeguati.





giovedì 26 febbraio 2015

Farewell a donna cosciotta...

Farewell a donna cosciotta in lotta contro i mulini bianchi.

Sarà che il Don Quixote l'ho letto tutto anni fa (e chi l'ha fatto davvero sa perché lo sottolineo, un po' come leggere l'Ulisse... ) ma questa autodefinizione di Elena Torresani mi piace molto, teneramente autoironica, eppoi ciascuno di noi - anch'io - che ha resistito per troppi anni contro quest'Italia matrigna è stato un Don Chisciotte.

Mi dispiace di aver conosciuta Elena solo nel giorno in cui ci dice Farewell.
Elena va via.
Dove? Presumo in GB, che sta diventando la patria di molti italiani spesso intellettuali anche non giovanissimi (sono così tanti gli Italiani a Londra e dintorni che mi dicono ci stiano filtrando).
Perchè se ne va? Qui Elena lo spiega bene perchè: leggetelo, ha facilità a scrivere, sarà una lettura che vi farà male al cuore, e forse alla fine vi troverete con gli occhi umidi.

Ho letto e riletto il suo post. E potrei sottoscrivere parola per parola.

Con un paio di differenze: io in Inghilterra c'ero all'inizio degli anni Ottanta e avrei dovuto restarci, invece rientrai dove l'Italia peggiocratica ebbe la meglio.
Seconda sono più vecchio di Elena di una ventina d'anni, ma anche Elena non è più una ragazzina.
Così come lei sta materialmente facendo le valigie, io la seguirò appena ci saranno le condizioni, questione di settimane, forse di un paio di mesi.

Lei (ed io) ci ritroveremo sotto il Big Ben, a fare quello che qui in Italia non si può fare.
Direi non vogliamo più fare.
Faremo lontano dall'Italia, con soldi non italiani, quello che avremmo voluto fare in Italia e che non ci è stato permesso.

Porteremo nel mondo la materia grigia italiana (quella è merito della mamma), chi con più successo chi con meno successo... chi prima chi dopo...  Di certo ci porteremo appresso anche un po' di rancore, che nelle parole di Elena si legge senza fatica.


Concludo allora ricordando che Elena non desidera essere invidiata per la scelta che ha fatto, e chiedendomi come si senta  Milena Canonero quando giornali, critici e ministri la osannano come Italian Champion, lei che a 20 anni lasciò l'Italia e (per quanto capisco) non è più tornata: infatti a Prato manda degli assistenti a far compere di stoffe preziose.




giovedì 19 febbraio 2015

TURISMO: cosa si dovrebbe fare e non si fa

Ricapitolo quello che si può trovare sparso nel mio blog in oltre 15 anni.

Perché quando un "politico" fa una sciocchezza, è facile criticarlo. Diverso è provare a dire che cosa serve e come farlo (anche nei limiti e vincoli dati da una finanza pubblica davvero matrigna).

1. Favorire l'ampliamento degli hotel, la loro sopraelevazione, il loro accorpamento rendere gli hotel "grandi" (piccolo non è bello: un americano recentemente mi dice che sono diventati di moda gli hotel piccoli, di 100-120 camere. Appunto). Abbiamo bisogno di aziende che funzionano, non di piccoli  hotel dove l'autosfruttamento dei titolari (e l'obbligo a pagare un mutuo) sono l'unica ragione d'essere.

2. Favorire l'accorpamento della proprietà immobiliare, attraverso i fondi comuni di investimento immobiliare alberghiero, che possano anche investire in società di Management Alberghiero e trattare tali fondi, dal punto di vista fiscale, come ogni altro fondo di risparmio. Favorire l'apporto sia di capitali che di immobili.
Questo eviterebbe che le proprietà immobiliari più interessanti diventino facile preda di speculatori, offrendo alla proprietà una valida alternativa alla svendita.

3. Favorire la creazione di catene nazionali, evitando che contributi e facilitazioni siano dati su base regionale. Una delle sciocchezze che la revisione del Tit. V della Costituzione ci ha lasciato (ringraziamo chi l'ha voluta).

4. Individuare 4-5 aree di sviluppo turistico prioritario con un regime tax free duty free per 10 anni.
Obiettivo attrarre investimenti in destinazioni che poi diano un effettivo ritorno e non siano poi oggetto di investimenti inutili e improduttivi (su cui noi italiani siamo campioni). Gli investimenti pubblici dovrebbero perciò riguardare soprattutto l'eliminazione di costi piuttosto che l'impiego di denaro pubblico.
Abbiamo in Italia delle zone che hanno del potenziale straordinario, ma che richiedono un investimento molto elevato in relazione al ritorno previsto. Quelle dovrebbero essere le zone prioritarie, zone del Mezzogiorno, così come le Terme o certa Montagna abbandonata.

5. Fare dei piani e dei progetti, meglio se prodotti dal privato e coordinati dal pubblico, su aree vaste, con una visione pluridecennale. Insomma: guardiamo lontano, a dieci e vent'anni. Ma con possibili effetti su investimenti ed occupazione a breve (3-4 anni).

Queste cose si potevano fare già 6-7 anni fa e adesso avremmo i cantieri in pieno lavoro. Ma i governi che hanno guidato l'Italia dal 2008 ad oggi non se ne sono occupati, semplicemente perché non ci pensano, e non pensano al medio lungo periodo.

Francamente finora non abbiamo visto alcun interesse neanche da parte di questo Governo e di questo Ministero, saremo felici se saremo smentiti, ma....

E qui non ci si lagna, e non si gufa, semplicemente si constata che sul turismo il governo è fermo.








mercoledì 18 febbraio 2015

Crescono i dubbi su Rocco Forte - Albergatori sul piede di guerra

Stefano Feltri pubblica oggi su Il Fatto Quotidiano un nuovo articolo  Hotel Mistero, Milioni di Stato per Finanziare un Gruppo Inglese.

E' nota la nostra opinione critica verso l'operazione, che ho espresso anche a voce al Prof. Bassanini.

Ritengo che il rilancio del turismo italiano passi attraverso la MODIFICA delle condizioni in cui operano TUTTI gli albergatori italiani, e non puntando su un solo cavallo, che ai più sembra un modo per privilegiare un operatore, e non per favorire un interesse generale.




sabato 7 febbraio 2015

L' Espresso - Chi paga il Grand Hotel? Con una nota di Federalberghi

Dopo i nostri post di novembre (Perchè CDP investe in Rocco Forte?  e Bassanini: Chi investe in Rocco Forte è FSI...)  un grande settimanale come L'Espresso del 17.2.15 dedica un'inchiesta a firma di @albcrepaldi sul tema dell'uso dei fondi pubblici a favore di un solo imprenditore che ha nome italiano ma suddito di Sua Maestà la Regina Elisabetta. (la riporto qui sotto per chi si fosse perso il numero).

Anche L'Espresso però non dice quello che circola nel passaparola tra gli addetti ai lavori, bisbigli non confermati circa il ruolo delle amicizie personali soprattutto romane che hanno permesso tutto questo, a dimostrazione che quest'Italia non cambia mai, salvo poi venire fragorosamente alla ribalta quando la magistratura, calma ma sicura, ci metterà le mani, dopo che i danni (anche patrimoniali) diventeranno evidenti.

L'argomento dell'investimento di FSI in Rocco Forte, sollevato da notizie di stampa di novembre, dai nostri post assai critici e adesso dall'articolo di Crepaldi, ha avuto come conseguenza (non pacifica) un preoccupato intervento di Federalberghi nazionale che in un comunicato stampa dell'altro giorno scrive:

Ma apprendere da organi di stampa che tale Fondo stia finanziando società straniere del settore... ci mette in grande allarme. Soprattutto perché le risorse sono costituite da soldi pubblici

Federalberghi ricorda che la situazione del turismo nel nostro Paese non è buona:

Sul nostro orizzonte -conclude la nota di Federalberghi- ora svetta Expo e il settore turistico alberghiero sta tenendo duro per offrire il meglio. È proprio questo il momento in cui vi è bisogno di maggior supporto. Un momento appunto “strategico” affinché il Fondo svolga adeguatamente il suo ruolo per il bene delle imprese e degli imprenditori italiani.

Il fatto che anche Federalberghi abbia preso posizione, solitamente assai prudente per il proprio ruolo istituzionale in quanto rappresenta una vasta parte degli albergatori italiani, segnala la anomalia dell' intervento pubblico a favore di un operatore che trae un indubitabile vantaggio anche in relazione a molti colleghi che operano con le sole proprie forze in un momento oggettivamente difficile.

Sempre Crepaldi su Il Fatto Quotidiano, ieri commenta gli ultimi dati sull'andamento del nostro turismo, dimostrandosi il giornalista più attento e critico sul tema.

Scrive Crepaldi:

Il turismo in Europa ha toccato, nel 2014, un nuovo picco, ma l’Italia ha perso quasi 7 milioni di pernottamenti alberghieri.

Privatamente non sono pochi gli albergatori che si dicono delusi dall'attività anche di questo ministro che aggiunge il proprio nome a quello dei colleghi che l'hanno preceduto e che verranno dimenticati presto per il vuoto assoluto dopo le roboanti dichiarazioni di inizio mandato.

Attendiamo ora le prese di posizione sull'argomento CDP e FSI delle altre organizzazioni di albergatori, come Confindustria Alberghi e Assohotel.

E poi a me piacerebbe sapere se il Ministro del Turismo Dario Franceschini e il governo sono informati (oso dire ovviamente sì) e convinti della bontà di questa strategia.